Le parole e il silenzio – E’ possibile imparare a pensare a partire da Pierce, Lacan e Heidegger?

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L’uomo della nostra epoca ha qualche possibilità, muovendosi all’interno delle due coordinate strutturali del silenzio come nulla e delle parole come chiacchiere, di pronunciare una parola piena e quindi sensata che possa cogliere effettivamente l’essere? Chi pensa, per il sol fatto che pensa, pensa l’essere? Se, però, il pensiero profondo, autentico, meditato, che proviene dall’abisso, dall’Assoluto, dal senza forma, non è dato all’uomo, e in particolare all’uomo di oggi, allora non è possibile un pensiero e quindi non è possibile cogliere l’essere? Le parole sono contrapposte alla Parola, al Logos, come il logos soggettivo al Logos oggettivo di Eraclito, traducendo nel linguaggio di Heidegger: le parole diventano gli enti e il Logos l’essere. Lo scopo e senso della ricerca riguarda il rapporto tra il nostro essere e le parole, come il nostro essere si manifesta con le parole. Ma proprio il nostro essere non si manifesta. Le parole da un lato sono lo strumento attraverso cui ci realizziamo: l’unico strumento. Ma d’altro canto proprio per mezzo delle parole il parlante si aliena, muore. Infatti, ogni soggetto sente la necessità assoluta di parlare per esprimersi, e se non si parlasse, se si stesse in silenzio, non si sarebbe alcunché, anche se pure il silenzio è una forma di espressione, ma contemporaneamente proprio parlando il soggetto, il soggetto individuale, non si esprime punto, cioè ogni parlante è assolutamente altro da quello che dice, poiché dice meno di quello che vorrebbe dire e più di quello che vorrebbe dire. Quasi sempre il dire è un brancolare nel buio, è un parlare a sproposito, un dire inconcludente. Nel corso del lavoro cercheremo di interrogarci su questi e su altri temi.

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