Memorie dell’acqua

20.00

Sul bordo del precipizio, sulla cresta delle onde, in quella danza spericolata e sfrontata attraverso la quale ci mettiamo anche in pericolo, sfidiamo i nostri limiti, indaghiamo la nostra resistenza, osserviamo ciò che intorno a noi vortica e si perde, fino a scomparire. Sono i residui, talvolta, a trasformarci inevitabilmente. Ma a legarci all’immagine che abbiamo di noi stessi, al vissuto che ci ha impastati e forgiati, sono le memorie. Non tanto i ricordi. Le memorie. Per come le intendo io rappresentano qualcosa che va anche al di là dei ricordi. Non sono fatte di luoghi. Non di persone. Non di avvenimenti. Sono la reminiscenza delle nostre esperienze che, diluite dal tempo e dalla vita, hanno lasciato quell’imprecisato residuo eterno, grazie al quale ci trasformiamo continuamente nella versione aggiornata di ciò che siamo destinati a essere, a causa del nostro daimon. Il destino, tuttavia, non è un firmamento fisso, apparentemente immutabile, bensì un flusso vivido che trascina con sé quello che non è stato consegnato all’oblio, il vissuto diventa fertilizzante per accedere a una consapevolezza che trae forza dalla memoria, da un ritiro profondissimo dentro me stessa, fin quasi alla disconnessione dall’umanità intera che mi potrebbe fuorviare, derubare, distrarre, infliggendomi il colpo mortale definitivo in qualche colluttazione anche involontaria. Questo libro non è fatto di pagine ma di sentori, simboli, visioni, significati, marchi indelebili nella mia essenza che non si cancelleranno mai più. Perché si può anche avere memoria di una morte che ci ha colto impreparati lasciandoci mezzi vivi, ma come acqua infinitamente informata dal divino, si deve tornare ad essere fonte che sgorga con limpida veemenza.

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